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“Corazón maldito por què palpitas?”
Padre Aldo a San Donà del Piave
25 Gennaio ore 15.55, “fra mezz’ora si inizia, spero che Padre Aldo sia puntuale. Dicono che, a volte, non lo è, un po’ per l’indole latino-americana, un po’ perché è un uomo libero che non ama le agende, le programmazioni…, sì ma noi abbiamo preso degli impegni con la gente, cosa diciamo, che ha avuto un contrattempo?“
Sto camminando affrettando il passo con Carla, Pietro e Alvise. Letizia oggi ha fatto altre scelte, “devo imparare a rispettare la sua libertà” mi dico, senza troppa convinzione.
Passo a fianco ad un furgone bianco con una scritta evocativa, vedo scendere delle persone indubbiamente sudamericane e, fra loro, un uomo dai connotati familiari che mi guarda, “E’ lui”, lo abbraccio senza formalità, dietro di lui scende una suora, la Hermana Sonia, dal viso raggiante, solare, mi colpisce la serenità del suo volto.
Sento una enorme tenerezza per me e per quello che sta per accadere con una normalità ed una naturalezza che già di per sé sono ragione di stupore. Che familiarità è mai questa mi chiedo, “stupido, non sai che abbiamo lo stesso cognome!” mi dico.
Penso al volto sorridente dei miei amici, cerco in pochi istanti i loro volti ad uno ad uno nella memoria, penso a che matti siamo stati ad accettare questa sfida, ignaro che non fossero ancora finite le sorprese.
Ci avviamo verso la Sala, l’abbiamo voluta fortemente in Centro Città perché fosse un gesto vissuto fino in fondo, è gremita di folla, almeno il doppio del previsto, gente per le scale, qualcuno a caccia di sedie, qualcun altro a simulare impedimenti fisici che non lasciassero dubbi sul diritto a sedere.
Padre Aldo ci chiede se abbiamo un videoproiettore, “cosa? Letizia non ci ha detto niente”, è facile pensare che neanche lo sapesse, e poi non c’è tempo, la gente è in piedi, bisogna andare.
Padre Aldo sembra non curarsi di nulla, serafico, lo guardo e mi tranquillizzo all’istante, si vede che vive un rapporto “certo” per cui non teme nulla, nemmeno le figuracce, cerco di cominciare ad imparare fin d’ora un atteggiamento nuovo, si squarcia il velo delle mie congetture ed appaiono le prime parole che ho sentito da lui, al meeting di Rimini nel 2008, talmente importanti da ricordare il luogo, l’amico che era con me, l’ora: “Corazón maldito por què palpitas?”
Mi ha sempre colpito questa persona, quante volte cerco di imparare con i miei malati il suo sguardo, la sua visione di totalità dentro il dolore, quante volte ho chiesto:”voglio essere così”. Stranamente, vivo con lui una familiarità che sa di promessa, non di frustrazione.
Iniziamo, senza immagini.
Suor Sonia suona l’arpa in modo celestiale, sembrano un tutt’uno.
Padre Aldo racconta dei suoi figli, di quanti accoglie nelle sue opere, unica condizione che non abbiano neanche un euro in tasca, di quanto severo ed attento sia nella vicinanza al dolore dell’Umanità che il mondo nega e relega.
Usa modi a volte brutali, scuotenti, anche nel descrivere i suoi rapporti con il Personale della Clinica.
Si illumina quando dice “il vertice della carità è la Bellezza” e racconta come ogni malato abbia fiori freschi sul comodino, nonostante le ristrettezze economiche.
Ci illuminiamo tutti davanti a tanto stupore.
Come possono coesistere tanto male e tanta bellezza?
Non ci basta liquidare la domanda con risposte sbrigative, ci fidiamo di dove Padre Aldo e Suor Sonia ci stanno portando, restiamo due ore a sentirli.
Si capisce strada facendo che la risposta esiste ed è possibile solo prendendo sul serio il grido che siamo.
Suor Sonia racconta della sua conversione, del bisogno che aveva di essere presa per sempre e per intero dentro un amore infinito come quando ha chiesto un appuntamento a Padre Aldo e si è sentita rispondere da lui “ora!”, perché nell’istante il Verbo si fa carne.
Non l’ha più lasciato.
Dicono cose di una profondità definitiva: “a me interessa che incontriate Cristo!”
Alla fine, un professore a me caro si alza di sobbalzo e corre incontro a Padre Aldo dicendo: “ trentacinque anni di lezione a Psicologia e non ho mai sentito una relazione così perfetta!”
Certo non è il contenuto dell’incontro ma l’evidenza di una diversità desiderabile, questo sì.
Non mi va di lasciarlo, gli amici di Chioggia sono già arrivati e restano pochi minuti, lo abbraccio, gli dico che non vorrei che andasse via, mi guarda teneramente e mi dice: “ti aspetto, vieni a trovarmi”, un altro dono da chiedere, un altro motivo per cui essere grato (Andrea Babbo, Associazione HUB - Hac Unitate Bonum nata fra centri culturali della provincia di Venezia)